\paperw8895 \margr0\margl0 \plain \fs20 \f1 \fs24 I problemi che si presentavano al nuovo stato unitario erano di enorme portata.\par
Il primo, e in un certo senso preliminare,
era il passaggio dallÆunificazione politica a quella amministrativa, attraverso un processo di omogeneizzazione delle leggi e degli apparati civili e militari.\par
In secondo luogo, occorreva elaborare una politica di sviluppo che tenesse conto delle di
fferenze socio-economiche esistenti tra le diverse regioni e della complessiva arretratezza dellÆintera nazione rispetto a quelle pi∙ progredite dellÆEuropa.\par
In terzo luogo, si doveva dare una salda direzione politica a un paese attraversato da grav
i tensioni politiche e sociali (si pensi, per es., al problema del rapporto Nord-Sud, al brigantaggio e ai tentativi degli agenti borbonici e clericali di imprimere al risentimento delle masse contadine una direzione antiunitaria, al conflitto tra cattol
ici e liberali).\par
Infine, era necessario trovare una soluzione al difficile rapporto con la Chiesa; riuscire a strappare il Veneto allÆAustria; trovare una conveniente collocazione nella politica internazionale, in una fase storica di grandi trasform
azioni.\par
LÆItalia, infatti, si presentava sulla scena europea come uno stato politicamente giovane, economicamente arretrato, complessivamente in ritardo nel processo di modernizzazione: ultima delle maggiori potenze del continente, prima tra quelle
di secondo rango. Cavour, lÆimpareggiabile capo del Partito liberale moderato negli anni decisivi del Risorgimento, mor∞ a Torino il 6 giugno 1861 senza che nessuna delle personalitα pi∙ eminenti della sua corrente potesse avvicinarglisi per le qualitα d
i statista. La preoccupazione principale dei moderati fu quella di costruire un apparato di controllo politico e amministrativo affidabile ed efficiente: i prefetti e i sindaci nominati dal centro divennero il simbolo della volontα unitaria dello stato.
Gli eredi di Cavour furono quelli che formavano la Destra, in seguito definita ôstoricaö, dello schieramento parlamentare. Ne facevano parte conservatori moderati, per lo pi∙ del Nord e del Centro, che intendevano lÆunitα nazionale e la formazione del nu
ovo stato come una missione storica da realizzare nel quadro di una difesa intransigente degli interessi delle classi alte.\par
Alla Destra si contrapponeva una Sinistra, erede della democrazia risorgimentale e divisa al suo interno in varie correnti, l
a quale, ridotta la repubblica a una alternativa pi∙ ideologica che concreta, premeva per una estensione del suffragio e, pi∙ in generale, dei diritti di cittadinanza alle masse popolari. Dal punto di vista della loro organizzazione interna, le due forma
zioni (a differenza dei partiti di tipo moderno) erano schieramenti di opinione i cui esponenti si legavano agli elettori attraverso le proprie ôclienteleö e, in occasione del rinnovo del parlamento, i propri comitati elettorali.\par
A Cavour successe B
. Ricasoli (giugno 1861 - marzo 1862), che prosegu∞ senza successo i contatti avviati dal suo predecessore con Pio IX per indurlo a rinunciare al potere temporale e ad accettare un regime di separazione tra Stato e Chiesa.\par
Di fronte alle pressioni c
ongiunte di garibaldini e mazziniani da una parte, e del re dallÆaltra, a favore di una politica meno timorosa delle complicazioni internazionali e in grado di portare a compimento lÆunitα, Ricasoli si dimise lasciando il potere a U. Rattazzi (marzo-dice
mbre 1862), apertamente sostenuto da Vittorio Emanuele II. Questi pens≥ di poter sfruttare, riprendendo le linee della strategia cavouriana, lÆiniziativa di Garibaldi verso il Veneto e Roma senza compromettere direttamente lo stato. Ma il gioco non era r
ipetibile sia per lÆostilitα di Napoleone III, ansioso di farsi perdonare dai clericali francesi lÆappoggio dato ai Piemontesi nel 1859, sia per lÆimpossibilitα per lÆItalia di sostenere da sola una guerra con lÆAustria. Se ne accorse lo stesso Rattazzi,
il quale tent≥ di far marcia indietro, facendo sciogliere con la forza (15 maggio 1862) le truppe che Garibaldi aveva cominciato a raccogliere per liberare il Veneto. Questi allora si diede a preparare unÆazione in direzione di Roma, che era stata solen
nemente proclamata capitale dal parlamento italiano il 27 marzo 1861, recandosi in Sicilia dove lo raggiunsero volontari da tutta Italia. Napoleone III protest≥ energicamente e Vittorio Emanuele, temendo che un eventuale successo portasse a una ripresa d
el movimento democratico, sconfess≥ la spedizione e decret≥ lo stato dÆassedio in Sicilia. Garibaldi con il suo esercito riusc∞ egualmente a sbarcare in Calabria, da dove intraprese la marcia verso il Nord. Il governo ordin≥ alle truppe di fermare i volo
ntari con la forza e i soldati, incontratisi il 29 agosto con i garibaldini sullÆAspromonte, aprirono il fuoco: nello scontro vi furono morti e feriti. Lo stesso Garibaldi, che aveva fatto di tutto per scongiurare una tale evenienza, fu ferito e arrestat
o. La reazione dellÆopinione pubblica fu per≥ tale da indurre Rattazzi alle dimissioni.\par
Dopo un breve ministero Farini, il nuovo capo del governo, M. Minghetti (marzo 1863-settembre 1864), negozi≥ con la Francia un compromesso su Roma che rispondeva
alla duplice esigenza di trovare un accomodamento con Napoleone III da una parte e dallÆaltra di spuntare unÆarma nelle mani del Partito dÆazione. Il 15 settembre 1864 i due governi sottoscrissero la cosiddetta convenzione di settembre, in base alla qua
le lÆItalia si impegnava a difendere lo Stato pontificio da qualsiasi attacco esterno; la Francia dal canto suo sÆimpegnava a ritirare le proprie truppe entro due anni. Come segno della rinuncia italiana a ogni pretesa su Roma, lÆimperatore chiese che la
capitale venisse fissata in unÆaltra cittα, che poi risult≥ essere Firenze. La decisione di spostare la capitale altrove provoc≥ a Torino, che si considerava la capitale del Risorgimento, disordini repressi cos∞ duramente da provocare una trentina di mo
rti e oltre cento feriti (21-22 settembre).\par
Come Rattazzi dopo lÆAspromonte, cos∞ Minghetti dopo i fatti di Torino dovette lasciare il potere che pass≥ nelle mani del generale A. La Marmora (settembre 1864-giugno 1866) sotto il cui governo si ebbe i
l trasferimento della capitale a Firenze (giugno 1865). Nel dicembre 1866 le truppe francesi lasciarono definitivamente lo Stato pontificio. Importanti avvenimenti erano nel frattempo maturati sul versante delle relazioni con lÆAustria. Durante il govern
o Minghetti era venuta dalla Prussia lÆofferta di unÆalleanza militare contro lÆAustria vista con favore da Napoleone III il quale, ignaro dei mutamenti intervenuti nei rapporti di forze tra le due potenze germaniche, sperava di trarre vantaggio dal loro
reciproco indebolimento. Firmata lÆ8 aprile 1866, lÆalleanza scatt≥ nel giugno con lÆattacco allÆAustria deciso da Bismarck, lÆallora primo ministro prussiano. La guerra, mentre segn≥ il trionfo dei Prussiani, si rivel≥ un disastro per lÆesercito e la f
lotta italiani i quali, nonostante la superioritα di uomini e mezzi, andarono incontro a brucianti sconfitte per la cattiva direzione e la mediocre organizzazione di cui diedero prova.\par
La Marmora, che aveva lasciato la direzione del governo a Ricaso
li (giugno 1866-aprile 1867) per assumere il comando delle operazioni, e il generale Cialdini, comandante dellÆesercito, non riuscirono a coordinare i movimenti delle truppe e furono gravemente battuti a Custoza il 24 giugno. Dal canto suo lÆammiraglio P
ersano, a capo di una flotta pi∙ numerosa e meglio armata di quella austriaca, venne sconfitto a Lissa il 20 luglio. Solo i volontari guidati da Garibaldi riuscirono a riportare una vittoria a Bezzecca, nel Trentino, il 21 luglio. Terminata la guerra per
le vittorie prussiane, il 12 agosto venne firmato lÆarmistizio di Cormons fra lÆItalia e lÆAustria. Con la pace di Vienna (3 ottobre), lÆAustria cedette il Veneto allÆItalia ma, come giα nel 1859, tramite la Francia per umiliare un paese vincitore grazi